ANFITEATRO MORENICO CANAVESANO
di Roberto Mazzetta
Questa volta non voglio descrivere un itinerario nei dettagli, ma solo suggerirne uno. Non è necessario entrare nello specifico in quanto il percorso è splendidamente segnato sul territorio. E’ questa la prima ragione per cui propongo questa pedalata. Una seconda motivazione è data dalla bellezza dei posti.
Ci troviamo nel Canavese, quel vasto territorio montano e collinare compreso tra Torino e Ivrea. Siamo nella zona della famosa Serra di Ivrea: un esempio unico e spettacolare di morena glaciale, testimone di quando, nel Pleistocene, poderosi ghiacciai scendevano dalla Val d’Aosta fino ad affacciarsi alla Pianura. Chi va in Val d’Aosta non può non notare quella linea retta lunga chilometri che si staglia sulla destra. E’ talmente regolare che sembra fatta artificialmente. Guardando bene, però, si scorgerà anche sul lato opposto l’altra morena, meno delineata ma altrettanto imponente. La nostra pedalata si svolgerà proprio su questo versante. La segnaletica è stata posata a cura della Comunità Collinare del Piccolo Anfiteatro Collinare Canavesano. Lo sviluppo è notevole e io ne ho percorso solo un pezzo: garantisco che ora ho il desiderio di percorrere anche altri tratti di questo itinerario.
Ho lasciato la macchina presso il passo di Monte Croce appena dopo il paesino di Montalenghe e ho pedalato per venti chilometri sino ad arrivare in località Vigne Nuove passando per Vialfrè, Silva San Giovanni, il Ponte dei Preti e Strambinello. Tranne pochi tratti su asfalto tutto il percorso è su sterrato in bellissimi boschi, campi e prati, in un paesaggio dolce e bucolico con tante piccole frazioni disseminate sulle delicate ondulazioni. Come scenario avremo i severi monti della Val Chiusella, la Colma di Mombarone e le prime cime della Val d’Aosta.
Il giro è poco consigliabile dopo abbondanti piogge a meno non si sia amanti della progressione su fango.
Non ci sono grossi strappi e quasi sempre si può stare in sella; è però un susseguirsi di salite e discese per cui il tempo e l’impegno fisico, sono più o meno gli stessi sia l’andata che il ritorno.
Come detto all’inizio, la validità del giro, sta nella precisione della segnaletica. Troppe volte ci si imbatte in segnavia approssimativi, mancanti, mal posizionati o addirittura fuorvianti che costringono l’escursionista a continue perdite di tempo e sgroppate inutili per ritrovare la retta via sebbene, alcune volte, certi inconvenienti rendano la giornata più gustosa. Questa volta chi ha posizionato i cartelli lo ha fatto con criterio ed è difficile perdersi considerando la miriade di stradoline che si diramano in ogni dove in particolar modo nei boschi. Ai bivi ci sono paline con cartelli bianchi che indicano il nome della località più vicina (manca però la distanza) e subito dopo segnavia che confermano di aver imboccato la direzione corretta. C’è un itinerario principale e altri di raccordo. Presso i paesi sono stati posizionati tabelloni con la mappa del luogo e informazioni utili sulla storia e la natura circostante.
Personalmente ho ciccato un bivio solo perché mi sono lasciato trasportare dall’euforia della discesa: colpa mia.
Vista la corposità dell’intero itinerario, si può suddividere il tutto in più tappe. Il mio giro è stato in totale di 40 chilometri, percorrendo anche al ritorno la stessa via dell’andata.
Spero che l’Ente che ha effettuato un lavoro così ben fatto, effettui anche la dovuta manutenzione e che, per una volta, non ci siano i soliti idioti che si divertono a danneggiare e distruggere cartelli e indicazioni.